
Il Tar del Lazio con la sentenza del 22 luglio 2025 si è pronunciato positivamente sul ricorso proposto da una studentessa afgana avverso il diniego di visto per motivi di studio, richiesto presso l’Ambasciata Italiana di Teheran. La ricorrente necessitava del predetto visto al fine di formalizzare la sua immatricolazione presso l’Università degli Studi di Teramo.
L’ Amministrazione valutava negativamente la richiesta della studentessa motivando il diniego con una generica “mancanza dei requisiti di legge”.
Il Collegio ha ritenuto il ricorso fondato, rilevando l’illegittimità del provvedimento sia sotto il profilo formale che sostanziale. In particolare, l’Amministrazione valutava negativamente le competenze linguistiche della studentessa nel corso di un’intervista, la quale tuttavia non veniva verbalizzata. Tale circostanza ad avviso del Collegio “impedisce di apprezzare il concreto fondamento del provvedimento di diniego e di confrontare la valutazione compiuta dalla sede diplomatica con i con i contribuiti istruttori forniti dalla ricorrente”.
Il Collegio ha inoltre sottolineato l'irragionevolezza della motivazione in quanto l’Amministrazione “non ha tenuto conto che la sufficienza della conoscenza linguistica ai fini della frequenza dei corsi è stata già valutata da parte dell’Università di Teramo e che dunque sia irragionevole ritenere che la conoscenza linguistica della richiedente sia inidonea a consentirle la frequenza dei corsi”.
La studentessa oltre ad aver fornito prova documentale della conoscenza della lingua inglese e italiana, prendeva parte ad un progetto, finalizzato ad agevolare l’accesso allo studio delle donne afghane.
Il Tar del Lazio con la sentenza accoglie il ricorso, annullando il provvedimento di diniego e condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite.
Il diritto allo studio, sottolinea l’avv. Michele Bonetti “non dovrebbe essere in alcun modo ostacolato. Le motivazioni fornite dall’Amministrazione oltre ad essere generiche, non tengono conto, né del percorso svolto dalla studentessa, né della valutazione compiuta dall’Università che riconosceva i requisiti linguistici in possesso della studentessa. L’agere dell’Amministrazione è del tutto illegittimo e contrario ai principi di inclusività e integrazione degli studenti stranieri.”