LETTERA APERTA AGLI STUDENTI
Cari ricorrenti, studenti, amici di questa interminabile avventura, cari tutti,
mediante una sentenza che lascia molti dubbi, oltre che un forte senso di amarezza per la mancata opportunità e volontà di offrire una risposta di merito agli studenti ad un anno e mezzo dall'inizio del ricorso collettivo.
Il Consiglio di Stato ha preferito abilmente uscire dal difficile empasse con una sentenza di metodo più che di merito, una sentenza che “parla” di impossibilità ad assumere una posizione per la diversità dei ricorrenti e dei loro motivi di ricorso.
In un ben più triste periodo per il nostro Paese giunge così l’epilogo dell’appello del Maxi ricorso deciso in data 3 febbraio 2009 mediante una sentenza già stesa in tale data, ma inspiegabilmente solo oggi resaci nota.
Con una sentenza di sole 13 righe, con meno di una pagina, il Consiglio di Stato e il Presidente della Sesta Sezione, il Dott. Claudio Varrone, hanno finalmente deciso che l’appello del Ministro debba essere accolto, pubblicando la loro volontà dopo oltre 60 giorni di attesa e riformando oltre 60 pagine di principi, valori di giustizia e legalità del Tribunale Amministrativo.
Così recita il Consiglio di Stato, “la presentazione di un gravame da parte di un gran numero di ricorrenti…priva il Giudice della possibilità di controllare la concreta e individuale pretesa vantata dai singoli”, pertanto il ricorso è inammissibile; così il Consiglio di Stato ancora una volta non fornisce una risposta non solo a 2000 ricorrenti ma a tutti gli studenti e a coloro che hanno partecipato al concorso a numero chiuso nell’anno 2007-2008…nonché ai successivi concorsi e ai prossimi contenziosi che si decideranno a breve e rispetto ai quali né io, né l’Udu abbiamo intenzione di cedere o mollare.
Dopo due anni di battaglia legale qualcuno evidentemente
vuole mettere la parola fine a questa scabrosa vicenda e a quanto pare
tra lo stesso Governo, nonché maggioranza parlamentale, e la
Magistratura vi è un reciproco “rimpallo” di competenze che in tal
modo, in totale assenza di decisioni coraggiose e giuste, nega ancora
una volta la risoluzione dei problemi dei nostri ragazzi.
Ma sia
chiaro, e lo dico a tutti senza mezzi termini, oggi non finisce una
guerra ma solo una prevedibile battaglia il cui esito era stato reso
più che chiaro da una sospensione irrituale della sentenza, intervenuta
al termine del processo d’appello e che, adoperando un eufemismo, a
livello procedurale ci aveva lasciato inorriditi, così come ci ha
lasciato francamente senza parole la mancata integrazione del
contraddittorio da parte dell’Avvocatura nei confronti di tutti i
ricorrenti e partecipanti al giudizio, tralasciata invece dal Consiglio
con estrema nonchalance.
Una cosa è certa, una “vittoria” del genere
non rende alcun onore ai vincitori e ai Giudicanti, non riforma o
cancella la distruzione dei verbali o un test errato e con plichi
aperti, e soprattutto non mette la parola fine alla vicenda
considerando che a breve conseguiremo altre pronunce e sentenze di
singoli ricorrenti. E quel giorno cosa dirà il Consiglio di Stato, ma
soprattutto quanti giorni e giorni saranno passati, quante persone
avranno ingiustamente rinunciato alle proprie inclinazioni e
aspirazioni?
A mio avviso questa non è “legge” e soprattutto in tal
modo non è uguale per tutti, e allora se necessario porterò questo
ricorso fuori dalle porte nazionali per far valere le nostre ragioni.
Il
Consiglio di Stato ha generalizzato un principio di inammissibilità del
ricorso collettivo, traendo spunto da una frase contenuta in una
sentenza (richiamata anche con estremi sbagliati!), senza tener conto
che l’ipotesi in cui si verteva era totalmente differente.
Basti
pensare che tale presunta inammissibilità non era venuta in mente a
nessun membro del Collegio del Tribunale Amministrativo del Lazio né –
addirittura - al collegio difensivo dell’Avvocatura dello Stato in sede
di difesa … possibile?
Abbiamo depositato per ogni singolo
ricorrente le graduatorie e la prova dell’espletamento del test; TUTTI
gli atti sono stati abbondantemente depositati (sintetizzati anche da
tabelle per rendere al Consiglio il lavoro meno “faticoso” e “lungo”);
il TAR, prima, e il Consiglio di Stato, poi, sono stati letteralmente
invasi di documentazione a sopporto delle nostre tesi e delle posizioni
dei nostri ragazzi. E allora persino il deposito (addirittura in due
fasi distinte del procedimento di primo grado) da parte del Miur e
dell’Università della lista dei ricorrenti con i singoli nominativi, le
loro posizioni, i loro dati sono stati dimenticati, ignorati?
Questa è la verità, tutto il resto è menzogna o forse più semplicemente…politica?
Mediante
questo grande ricorso nazionale volevamo denunciare molteplici problemi
dell’università e del mondo formativo, ma non solo. Volevamo far
emergere le storture di tutto il sistema concorsuale italiano e
dell’intera società tristemente pregna di nepotismo, conflitto di
interessi, di organi autoreferenziali, di meccanismi cooptativi,
brogli, assenza di trasparenza.
Mediante la proposizione di un caso
nazionale, anche se di natura universitaria, abbiamo voluto manifestare
le contraddizioni di un sistema generale di mala gestio concorsuale che
investe tutti i concorsi pubblici, tutte le sfere di potere e non solo
quelli universitari… forse abbiamo toccato troppo nel vivo? Abbiamo
esagerato a far irrompere i Nas nel Ministero, colpito interessi troppo
forti di direzioni generali che distruggevano o facevano scomparire
verbali, denunciando pericolose e poco chiare interazioni tra poteri e
i loro conflitti di interessi?
A mio avviso, no. È stato fatto
solo quello che doveva essere fatto. Ma la risposta fornitaci,
consistente in qualche misura preventiva al test di ingresso con una
mera parvenza di legalità e di controlli o nel rifacimento dei verbali,
non basta, è assolutamente formale e non risolve il problema dei
ragazzi, ma …lo rimanda negli anni.
Forse i giovani devono “pagare”
il fatto di essere l’unica forza e voce libera ancora senza padrone, di
essere oramai l’ultimo baluardo di opposizione rimasto incontrollabile
e incontrollato da qualsiasi forza politica, manovrato dalla sola
propria autodeterminazione e coscienza? E allora quale soluzione
migliore dell’esclusione dallo stesso mondo universitario o del
controllo delle loro scelte attinenti alla loro formazione, al loro
sapere, alla loro professione, cercando di plasmare l’implasmabile, di
fermare l’ultimo vero baluardo?
Ma se in tal modo con un “gran
rifiuto” qualcuno ha pensato di fermarci, si sbaglia di grosso. Abbiamo
un identico contenzioso per ogni università italiana dinanzi allo
stesso Tar e per un solo ricorrente; la pronuncia di merito è stata
solo rimandata e non si placherà finchè non avremo cambiato le cose.
Abbiamo
affrontato un processo, non in modo distruttivo, ma facendo valere il
punto di vista degli studenti e la nostra soluzione alternativa.
Abbiamo affrontato prima il sistema vigente, poi quelli europei ed
esteri, e poi ancora le argomentazioni dei nostri diretti antagonisti,
Università e Miur; siamo partiti dal loro punto di vista e dalla
angolazione del loro pensiero per smontarlo passo dopo passo.
È
sorto così un nuovo metodo di indagine processuale, con implicazioni
scientifiche, statistiche, analisi dei dati nazionali, banche dati e
informazioni superiori e più aggiornate di quelle ministeriali, abbiamo
ripreso l’essenza stessa del “processo”, del giudizio, che è quella di
produrre sapere, conoscenza, mediante una ricerca laica delle verità
processuale da raggiungere mediante l’argomentazione e il dialogo e
mediante la proposizione di modelli alternativi e mai distruttivi,
avanzando contestualmente un nuovo modello morale di legalità scevro di
aspetti repressivi.
Il ricorso collettivo si era concluso con un
provvedimento, a mio avviso, epocale che premiava un nuovo metodo di
indagine giuridica rivoluzionario, confermando un nuovo concetto
costituzionale di giustizia mediante una sentenza che, anche se solo
“formalmente” riformata, rimarrà sempre la nostra stella polare e non
sarà mai cancellata.
La fattispecie ricordata nella sentenza dal
Consiglio di Stato, atta a suo avviso, a fondare la pronuncia di
inammissibilità, attiene ad un ricorso collettivo da parte di
ricorrenti che avevano svolto mansioni differenti per organi
differenti, dal traduttore al segretario, per cui solo essi avrebbero
dovuto precisare – seppure in un ricorso collettivo – i fatti delle
loro storie personali. Diverso è il caso di specie in cui si
sollevavano censure valevoli per tutti, quale, ad esempio, il caso
della distruzione dei verbali!
Si riporta, di seguito, il corpo
della sentenza citata dal Consiglio di Stato che dovrebbero essere
idonea a giustificare l’accoglimento dell’appello del Governo:
“Nella
specie, … emergono profili differenziati di mansioni che implicano
separate valutazioni e delibazioni in ordine alle singole assegnazioni
(addetto alla segreteria del PM, addetto alla cancelleria del GIP,
genericamente addetto al Tribunale, Collaboratore sia del Presidente
che della Cancelleria, Nucleo Carabinieri Tribunali, traduzione ed
assistenza aule).
Differentemente i nostri ricorrenti, aspiranti
studenti di Medicina, avevano una storia assolutamente identica, e il
giudice ben poteva verificare i punteggi ottenuti da ciascuno di loro
mediante il deposito delle graduatorie e il confronto delle loro
posizioni e della loro documentazione.
Del resto, lo stesso
Consiglio di Stato ha tratto una conclusione opposta allorché ha deciso
per l’ammissibilità del ricorso di alcuni soggetti che impugnavano
collettivamente, con un unico atto, i singoli provvedimenti adottati
dall’amministrazione nei confronti di ciascuno di loro, ad esito di un
medesimo concorso per l’Ospedale di Gaeta:
“Al riguardo vanno
condivise le osservazioni del Tar secondo cui alla stregua di una
costante giurisprudenza il ricorso collettivo è ammesso allorquando i
ricorrenti agiscono a tutela di posizioni di lavoro analoghe e lese da
atti aventi identico contenuto, situazione nella fattispecie
sufficientemente dimostrata dalla mancata contestazione in ordine alla
sostanziale omogeneità delle posizioni fatte valere in giudizio,
mediante comuni motivi di gravame e con medesime richieste” (Consiglio
di stato , sez. V, 20 marzo 2008, n. 1222).
Quanto è accaduto lo ritengo gravissimo. Per usare un’espressione cara al MIUR…. una sola è la risposta esatta.
A voi la scelta.
Ma
non nascondiamoci dietro la realtà dei fatti. Una volta raggiunto il
successo della sentenza del 18 giugno la mancata e auspicata “sanatoria
dei ricorrenti” della vicenda a livello legislativo, i rischi per gli
studenti subentrati e oramai ammessi, e soprattutto i poteri e gli
interessi colpiti annunciavano e ci accompagnavano verso un triste
epilogo concretizzatisi con una sentenza politica. Non neghiamo che gli
effetti potevano essere devastanti, anche dal punto di vista
finanziario, e proprio per questo abbiamo seguito tale strada, come
unico modo per riconoscere i diritti ed interessi di migliaia di
ricorrenti che altrimenti rischiavano di essere totalmente ignorati,
anche se le ripercussioni potevano intervenire su altri concorsi
analoghi, da quello sulla selezione della Polizia di Stato, sino agli
stessi metodi pre-selettivi per l’accesso alla Magistratura (che si
forma su quiz…), e che in tal modo si sarebbe potuta trovare a
ri-giudicare se stessa.
Ma se serviva “affossare” lo scrivente o
l’Udu, e un gruppo vincente che ha impartito lezioni durissime in
termini di legalità anche per il tramite di ricorsi collettivi, per
passare ad analizzare le posizioni degli studenti, lo facciano, poiché
solo ciò conta ed è chiaro che non vogliamo poltrone o poltroncine ma
ricerchiamo solo un po’ di giustizia. Non abbiamo scelto mai la strada
semplice e aprioristicamente vincente ma abbiamo scelto di combattere,
sempre e comunque, percorrendo vie tortuose.
Concludo,
ringraziando tutti Voi. Ringraziando tutti coloro con cui abbiamo
iniziato o terminato, rammaricandomi per tutte le volte in cui non sono
riuscito a parlarVi personalmente, a conoscerVi, e per tutte le volte
in cui non sono riuscito a risponderVi o per molti dei miei silenzi, a
volte eloquenti.
