Dal Corriere della Sera
Test di medicina, la bomba a orologeria dei risarcimenti
Il Consiglio di Stato ha condannato l’Università di Messina a pagare 10 mila euro di danni a due studentesse bocciate che avevano fatto ricorso per violazione dell’anonimato. Ora anche le casse degli altri atenei sono a rischio
Il Consiglio di Stato, per la prima volta nella storia del numero chiuso, ha accolto le domande degli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia e sancito un nuovo e coraggioso principio in questa materia: se M.I.U.R. e ATENEI sbagliano devono pagare e gli studenti vanno essere risarciti per i danni subiti.
Notti insonni, ansia, stress, pianti per un fallimento incomprensibile dopo che sin’ora il percorso di studi era stato ineccepibile ma soprattutto il ritardato ingresso nel mondo accademico e del lavoro, secondo i Giudici di Palazzo Spada, devono essere risarciti.
Il caso era quello del concorso per l’ammissione al corso di Laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Messina che, sino alle denunce degli Avvocati Michele Bonetti e Santi Delia, per un decennio, era stato gestito secondo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in maniera tale da “determina de iure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione”. Sino ad allora tutti i Commissari d’Italia, per stesso ordine del M.I.U.R., sapevano a chi era abbinato il singolo codice segreto e l’anonimato non era affatto garantito.
Solo quest’anno, a pochi giorni dalla prova di concorso dell’8 aprile, il M.I.U.R. ha ammesso i propri errori dettando nuove linee guida agli Atenei e confermando la bontà di un decennio di battaglia per la legalità dell’U.D.U. e dei due avvocati degli studenti.
Forse anche per questo il Consiglio di Stato ha voluto duramente stigmatizzare il comportamento tenuto per tutto questo tempo impunito di M.I.U.R. e Atenei “avendo la vicenda evidenziato l'inadeguata e insufficiente organizzazione della prova di accesso programmato al corso di medicina, organizzazione evidentemente non rispettosa delle regole dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, regole che, se rispettate dall’Ateneo, avrebbero creato le condizioni di migliori prestazioni da parte delle ricorrenti secondo un parametro di comune esperienza, questo Collegio ritiene che sussista il nesso di causalità tra il comportamento tenuto dall'Università e l'evento in termini di qualità della prova sostenuta dalle odierne appellanti”.
L'Amministrazione, ricorda il Consiglio di Stato, “è, infatti, tenuta a comportarsi correttamente e imparzialmente nell'attuazione di un concorso per essere fedele agli obblighi e agli adempimenti contratti e assunti con l'indizione del concorso medesimo. Il venir meno a tali impegni la espone ad una forma di responsabilità per inadempimento con conseguente risarcimento del danno prodotto, anche indirettamente, nei riguardi di chi abbia subito la lesione”.
Agli studenti spetta dunque non solo l’ammissione al corso di laurea ma anche il risarcimento del danno che “questo Collegio riconosce che, a causa delle illustrate inadempienze riscontrate nell'attività dell'Amministrazione, queste ultime sono state illegittimamente private della possibilità di iscriversi alla facoltà cui aspiravano, subendo di conseguenza i relativi danni, anche in termini economici. Il danno subito è quantificabile nel ritardato ingresso nel mondo accademico e conseguentemente del lavoro e ciò vale per le due appellanti anche con riguardo alla perdita di chance, in modo particolare per [chi tra i ricorrenti] ha modificato le sue scelte, rinunciando alla sua iniziale aspirazione. Conseguentemente, questo Collegio riconosce ad entrambe le appellanti un risarcimento dei danni e lo quantifica, in via equitativa, in euro diecimila, che l'Università degli Studi di Messina dovrà sborsare a favore di ciascuna di loro”.
Il Consiglio di Stato ha anche condannato l’Ateneo a pagare ulteriori 10.000 euro per spese legali.
Un "brutto" precedente per MIUR e UNIVERSITA' che dovranno fare i conti con il maxi ricorso UDU che gli stessi legali hanno notificato per conto di oltre 5.000 studenti.
Secondo Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’UDU, i vizi della procedura sono gravissimi ed il concorso è a rischio di annullamento per la sottrazione di un plico a Bari ed in quanto il Ministero ha nuovamente violato la segretezza del concorso.
“Con i maxiricorsi dell’UDU", conclude il coordinatore, "grazie agli Avvocati Bonetti e Delia" abbiamo ottenuto, e stiamo ottenendo, oltre 1.000 accoglimenti, ammettendo in sovrannumero i nostri ragazzi in tutte le Università, da Padova a Palermo, sino alla Sapienza di Roma, grazie a provvedimenti positivi del TAR Lazio, TAR Palermo, TAR Molise, nonché ormai del Consiglio di Stato che sui nostri ricorsi ha ormai preso la sua strada.
Il Ministro è ad un bivio: o si ammettono immediatamente gli studenti in sovrannumero, o il Ministero dovrà prepararsi a pagare 20.000 euro a studente”.
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